Il concetto di Autismo ha variato in modo estremamente ampio il proprio campo semantico, nei  suoi 100 anni di storia. Quando questo termine è stato coniato, negli anni ’40 del secolo scorso dallo psichiatra Leo Kanner, si usava l’aggettivo autistico, solitamente associato a psicosi, per indicare una grave  condizione patologica, tipica ed esclusiva dell’infanzia, che coinvolgeva un numero molto ridotto  di bambini caratterizzati da deficit intellettivo, linguaggio assente o marcatamente deficitario,  chiusura relazionale, estrema difficoltà nell’interazione reciproca, scarsa capacità di manifestare (e provare) emozioni, disinteresse nei confronti degli altri. Tali caratteristiche erano a volte associate a puntiformi elementi di genialità

Autistici si nasce, ci si cresce, ci si vive.

Parallelamente e indipendentemente da Kanner, uno psichiatra austriaco, Hans Asperger, stava  contemporaneamente studiando un gruppo di 11 bambini con caratteristiche simili, ma  intelligenti, verbali, e bizzarri nel comportamento. La Guerra avrebbe sfortunatamente reso indisponibili gli studi di Asperger fino agli anni ’80, segnando in modo molto marcato la  rappresentazione dell’Autismo nella mente delle persone, e consentendo al concetto di Spettro di  emergere solo con grande ritardo


Ancora oggi, infatti, la maggior parte dei non addetti ai lavori, crede che l’Autismo sia di per sé  una patologia, e ha di esso una rappresentazione limitata e a volte scorretta.

Lo Spettro è molto ampio, e altrettante persone che ne fanno parte svolgono una vita paragonabile  a quella di chiunque altro, con successi e fatiche, che però sono qualitativamente, (non quantitativamente) differenti dalla maggior parte dei Sapiens. 

Questo articolo si propone di descrivere lo Spettro nella sua ampiezza, per contribuire a  comprenderlo meglio e secondo nozioni scientifiche aggiornate.

L’Autismo è definito come un disturbo neurologico, congenito e a trasmissione famigliare. La  parola disturbo richiama immediatamente immagini di patologia, disfunzione, disabilità. Possiamo accordare l’uso di questo termine per una parte dello Spettro dell’Autismo, perché esistono in effetti bambini, adolescenti, adulti ed anziani, di genere maschile e femminile, o con una  attribuzione di genere non binaria e non standard, che soffrono e vengono limitati  significativamente nella loro vita, a causa delle caratteristiche che li contraddistinguono.

Tuttavia, lo Spettro è molto ampio, e altrettante persone che ne fanno parte svolgono una vita paragonabile  a quella di chiunque altro, con successi e fatiche, che però sono qualitativamente, (non quantitativamente) differenti dalla maggior parte dei Sapiens. 



Un esempio concreto e suggestivo, benché non completamente accurato sul piano clinico, può  aiutare ad orientarsi in questa grande variabilità interna. 

Richiamiamo alla mente, se li conosciamo, questi individui: 

  • Raimond Babbit, il protagonista del film Rainman, interpretato da Dustin Hoffman;
  • Alan Turing, per come è rappresentato da Benedict Cumberbatch in Imitation Game; 
  • Lisbeth Salander, la protagonista del film Uomini che odiano le donne;  
  • Amelie Poulain, protagonista de Il favoloso mondo di Amelie;  
  • Elon Musk, che probabilmente non ha bisogno di presentazioni; 
  • Henri Cavendish, lo scienziato che ha “pesato” il mondo, descritto nel magnifico libro di S.  Silberman Neurotribù; 
  • Temple Grandin, descritta da Oliver Sacks nel suo Un antropologo su Marte.

Tutte queste persone, reali o di fantasia, pur nelle loro grandi differenze interindividuali, hanno in  comune l’appartenenza allo Spettro dell’Autismo. Sono Autistiche, ed è così che si definirebbero  oggi, se avessero le conoscenze che abbiamo attualmente. Ma solo Raimond, a rigore, ha  caratteristiche simili a quelle che aveva individuato Kanner, e di sicuro, indipendentemente  dall’opinione personale che si può avere su Elon Musk, è difficile ascriverlo alla compagine delle  persone disabili. 


l’Autismo non è una patologia di per sé, non è una malattia, non è un disturbo.

Questa lunga ma doverosa premessa è funzionale ad introdurre un concetto estremamente  importante: l’Autismo non è una patologia di per sé, non è una malattia, non è un disturbo. Essere autistici, può essere paragonato all’essere mancini. Può essere scomodo, soprattutto se le uniche  penne disponibili sul mercato sono delle stilografiche; può essere fonte di stigma, soprattutto se  si è nati nel 1640, ma anche nel 1840, e probabilmente pure nel 1940… può causare forme di  sofferenza a più livelli. Ma con qualche accorgimento, e con l’aiuto del Leftorium di Ned Flanders,  si può vivere altrettanto bene dei destrorsi. Come i mancini, anche gli autistici non guariscono.  Perché come per il mancinismo, non c’è nulla da guarire. 


Autistici si nasce, ci si cresce, ci si vive.

L’Autismo si sviluppa nel cervello, fin dalla gravidanza della propria mamma, e ha significative radici genetiche, e quindi famigliari. Un tempo i clinici  osservavano che i genitori dei bambini autistici risultavano tutti un po’ complicati, difficili nella  relazione, a volte bizzarri. Ora è consuetudine suggerire loro una valutazione per individuare  l’eventuale appartenenza allo Spettro, perché è probabile che almeno uno dei genitori lo sia, e  non è strano che lo siano entrambi (come si sa, d’altra parte, chi si somiglia si piglia!). 

Se ci concentriamo su giovani adulti autistici, intelligenti, capaci di conversare ed autonomicapaci di muoversi nel mondo, possiamo avere una rappresentazione di un sottogruppo delle persone appartenenti allo Spettro, con caratteristiche presenti, ma a volte poco visibili e sfumate. 

Queste persone frequentano la scuola con risultati variabili, come tutti, e divenute adulte  desiderano costruire una vita soddisfacente in cui si sentano realizzate. 

Spesso però, dopo la conclusione di un percorso strutturato come quello scolastico, sono  sorpresi da una battuta di arresto: il mondo del lavoro è una giungla con regole vaghe e difficili da  interpretare, e a partire dal colloquio di selezione per un impiego, può risultare davvero ostico  districarsi tra i mille trabocchetti sociali, che le persone neurotipiche (cioè la maggior parte degli  esseri umani) danno incredibilmente per scontati, e spesso inizia una sequenza di fallimenti, che  conducono a una sorta di paralisi nell’evoluzione professionale e sociale della loro vita. 

Ecco che diventa prezioso un percorso pensato ad hoc, nel quale siano conosciute e tenute in considerazione le loro caratteristiche, che aiuti le persone neurodivergenti ad acquisire le  competenze di base, e quelle specialistiche, necessarie per individuare un sentiero professionale  in cui incanalarsi e nel quale raggiungere una posizione professionale soddisfacente e che li renda  membri attivi e produttivi della società. 

Oltre alle difficoltà che caratterizzano l’essere nello Spettro, infatti, le persone neurodivergenti  hanno punti di forza specifici ed esclusivi, che le rendono membri preziosi di uno staff, a  condizione che vengano selezionati per la giusta mansione, e siano tollerate piccole variazioni  logistiche o comportamentali rispetto alle abitudini aziendali. 

Per fare qualche esempio concreto, un giovane adulto autistico può essere un eccellente  dipendente di un negozio di dischi, con la sua capacità di categorizzare e sistematizzare  contenuti, tenere a mente nomi, e il suo desiderio di ordine e precisione, a patto che possa, per esempio, tenere delle cuffie che riducano il rumore di fondo, o degli occhiali scuri per diminuire l’intensità luminosa, o che possa restare in piedi durante una riunione in cui tutti sono seduti  compostamente intorno a un tavolo. 

Oppure, per rimanere nell’ambito dell’enogastronomia, una giovane autistica può essere un'efficace social media manager, se sa con chiarezza quanti post scrivere a settimana, di che  lunghezza, e le è consentito di lavorare da remoto e di comunicare con l’azienda per scritto invece  che attraverso lunghe telefonate, e a patto che le sia permesso saltare tutti i weekend di team  building in barca a vela. 

Benché sia molto difficile esaurire l’argomento in un breve articolo di millecinquecento parole, qualche esempio di caratteristica/difficoltà/talento propria di una persona autistica, può essere di  aiuto. 

  • Una persona nello Spettro avrà probabilmente difficoltà a livello sociale e/o comunicativo.  Potrebbe parlare molto poco in un contesto di gruppo, ma diventare loquace al limite della  logorrea in un dialogo in cui si disquisisca di un argomento che, incidentalmente, è un suo  interesse speciale. 
  • La persona potrebbe non guardare negli occhi, o non stare seduta frontale, o composta, perché  potrebbe non tollerare a lungo l’interazione diretta, o potrebbe avere qualche difficoltà legata a  iperattività/impulsività che le rende fisicamente doloroso rimanere a lungo seduta nella stessa  posizione su una sedia. 
  • Una persona autistica ad alto funzionamento potrebbe aver bisogno di istruzioni scritte, perché  sentendosi chiedere ad esempio: “vai a prendere un caffè, poi correggi il post su Cheese  secondo le istruzioni di stamattina, e poi ricorda di mandare quella mail a Teo Musso”, potrebbe  tenere a mente le informazioni per qualche secondo, e averle dimenticate, o ricordate sbagliate,  prima di arrivare alla Sala Caffè dell’ufficio. 
  • Una persona nello Spettro potrebbe essere estremamente brava nella formulazione linguistica di  un testo, e pertanto ideale per stendere comunicati, ma potrebbe anche correggere in modo  diretto e poco modulato qualsiasi piccolo errore formale nei testi dei suoi colleghi, facendola  risultare odiosa agli occhi di tutto il team. 
  • Una persona nello Spettro potrebbe aver bisogno di fare pause più frequenti o più lunghe  rispetto ai propri colleghi NT (neurotipici), e potrebbe aver bisogno di trascorrere quel tempo di  riposo alla sua scrivania, con le cuffie alle orecchie, in solitudine, perché anche la sola  interazione sociale consuma energie, e senza una pausa capace di ricaricarle, potrebbe non  riuscire ad arrivare a fine giornata. Per tale motivo, potrebbe sistematicamente rifiutare l’invito a  prendere l’aperitivo usciti dall’ufficio, per correre a casa a rimettersi in forze per il giorno  successivo. 

Questi sono solo alcuni esempi molto generici, benché mutuati da persone in carne ed ossa che  hanno raccontato le proprie esperienze di neurodivergenza, e per avere una reale consapevolezza  di cosa significhi interagire con una persona nello Spettro è necessario approfondire il tema ben  oltre le possibilità di uno scritto. 

Questo nonostante sia assolutamente certo che ciascuno dei lettori di questo articolo ha ben più  di un amico autistico, quell’amico un po’ strano, geniale in quello specifico campo del sapere, ma  disastroso nelle relazioni amorose, che conosce a memoria le date di qualsiasi battaglia  combattuta tra Inglesi e Francesi dal Medioevo in poi, ma che fatica a posizionare Madrid in Spagna, e che magari non sa nemmeno lui stesso di essere Neurodivergente. 

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